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Amare un disabile...che colpa

«Hai lasciato un ragazzo sano per metterti con un malato».

Questa è la frase rivolta dai genitori, colpevole (secondo loro) di aver lasciato un ragazzo senza particolari problemi fisici, per impegnarsi con un ragazzo disabile.

Innamorarsi di un disabile è una colpa, almeno per la maggior parte dei genitori . La loro figlia si rende colpevole, ai loro occhi, di una scelta sbagliata e lo sbaglio è sottolineato con il termine “malato”. Non perché la disabilità non possa derivare da una malattia, certo questo è un dato di fatto, ma si vuole calcare in modo negativo.

Non è il primo caso e non sarà l’ultimo. Non è neanche una delle peggiori frasi che un genitore possa dire in certe situazioni. Un’altra ragazza, si è sentita dire «ma non provi ribrezzo quando lo tocchi?» oppure «ma che futuro pensi che lui ti possa dare?» e gran finale «ma che vuoi fare la crocerossina a vita? Ma non ti vergogni a presentarlo ai tuoi amici a farti vedere in giro con lui?».

Se proviamo ad analizzare quali possono essere le motivazioni che spingono i genitori a reagire così, certamente una di queste è l’ignoranza. Ignoranza proprio nel senso di ignorare ciò di cui si parla. Ignorare che le difficoltà di una coppia nel vivere la propria vita sentimentale felicemente, non sempre dipendono dalle difficoltà materiali, dovute alla disabilità del partner, ma possono nascere altrove: incompatibilità di carattere, tradimenti, accorgersi non sia il vero amore e altro. Ignoranza sui limiti che può dare un tipo di disabilità rispetto un’altra. Ad esempio ignorare che molte disabilità non hanno problemi riguardo alla sessualità. E la sessualità, si può vivere in molti modi. Ignorare che l’amore si può esaltare nelle difficoltà materiali e grazie a esse il rapporto divenire più profondo, privo di frivole superficialità.

L’ignoranza non è certamente l’unico motivo di certe reazioni. C’è anche una motivazione ben più superficiale: la paura del giudizio altrui. Che cosa diranno i tuoi amici, i giudizi della gente. Questo timore dei pettegolezzi e di essere isolati dalla massa, non scatta solo per la disabilità. È lo stesso timore nell’avere un figlio omosessuale o figlia/o che si fidanza con una persona di colore. La diversità in generale provoca il terrore dell’isolamento dalla massa omologata e la paura della vergogna che ne può scaturire.

Un pensiero costante nei genitori sembra essere che il relazionarsi con una persona disabile comporti l’infelicità. È per loro quasi un’equazione matematica in cui il risultato è sempre negativo. In realtà non esiste una formula matematica sulla felicità. Non credo debba sottolineare che una coppia in cui entrambi sono senza disabilità può non essere felice ugualmente. Divorzi, tradimenti, delusioni e nei casi peggiori molte storie finiscono anche in tragedia.

(riflessione tratta dal web)

un abbraccio….da un disabile…

Paolo Iorio

IL CONTRASSEGNO DISABILI

La Redazione ha ritenuto opportuno riportare a titolo informativo per gli utenti del sito le seguenti note sul Contrassegno per Disabili Motori:

 

Il Contrassegno Invalidi

 

Le Autorizzazioni:

 

Tra le varie agevolazioni previste per facilitare la mobilità dei disabili vi è il contrassegno per auto che, in deroga ad alcune prescrizioni di legge, mette al riparo i soggetti portatori di handicap e/o invalidi da improprie contestazioni o verbalizzazioni di infrazioni.

Il contrassegno invalidi è un tagliando di colore arancione con il simbolo grafico della disabilità che permette alle persone con problemi di deambulazione e ai non vedenti di usufruire di facilitazioni nella circolazione e nella sosta dei veicoli al loro servizio, anche in zone vietate alla generalità dei veicoli.

Si tratta di una speciale autorizzazione che, previo accertamento medico, viene rilasciata dal proprio Comune di residenza (più esattamente dal Sindaco), ma è valido ed utilizzabile su tutto il territorio nazionale (art.188 C.d.S e art. 381 del Regolamento di esecuzione del C.d.S.).

Formalmente è un atto amministrativo autorizzatorio che rimane di proprietà comunale anche se affidato alla detenzione temporanea della persona fisica indicata.

Il contrassegno ha la durata di 5 anni, anche se la disabilità è permanente, scaduti i quali può essere rinnovato.

Hanno diritto al rilascio del contrassegno:

  • le persone con capacità di deambulazione sensibilmente ridotta, le persone affette da cecità assoluta o con residuo visivo non superiore ad un ventesimo.

Per un periodo inferiore ai 5 anni, quindi a tempo determinato, può essere rilasciato anche a:

    • le persone con temporanea riduzione della capacità di deambulazione a causa di infortunio o per altre cause patologiche le persone con totale assenza di ogni autonomia funzionale e necessità di assistenza continua, per recarsi in luoghi di cura.

Non può essere rilasciato per i minori di 3 anni.

Il contrassegno invalidi non è vincolato ad uno specifico veicolo perché ha natura strettamente personale, quindi può essere utilizzato su qualunque mezzo destinato alla mobilità del disabile, a prescindere dalla titolarità di una patente di guida o dalla proprietà di un veicolo.

Deve essere usato solo ed esclusivamente se l’intestatario del contrassegno è a bordo, alla guida o accompagnato da terzi, e deve essere sempre esposto in originale, in modo ben visibile, sul parabrezza del veicolo.

Infine, in caso di decesso del titolare, di perdita dei requisiti o di scadenza del termine di validità, il contrassegno deve essere restituito all’ufficio competente che lo ha rilasciato.

E’ molto importante conoscere le norme che disciplinano la circolazione e la sosta dei veicoli al servizio della persona disabile dotati di contrassegno.

Ciò al fine di non incorrere nelle sanzioni previste dal Codice della Strada.

Per conoscere come usare correttamente il proprio contrassegno disabili consultare

Uso corretto del contrassegno disabili

 

Circolazione e sosta:

 

Per le "persone invalide con capacità di deambulazione sensibilmente ridotta" è possibile ottenere, previa visita medica che attesti questa condizione, il cosiddetto "contrassegno invalidi" o "contrassegno arancione". Questo contrassegno previsto dall'art. 381 del DPR 16 dicembre 1992 n. 495 e successive modificazioni, permette ai veicoli a servizio delle persone disabili la circolazione in zone a traffico limitato e il parcheggio negli spazi appositi riservati.

La possibilità di ottenere il "contrassegno invalidi" è stata successivamente estesa anche ai non vedenti (DPR 503/1996 art. 12 comma 3).

Per il rilascio l'interessato deve rivolgersi alla propria ASL e farsi rilasciare dall'ufficio medico legale la certificazione medica che attesi che il richiedente ha una capacità di deambulazione sensibilmente ridotta o è non vedente.
Una volta ottenuto tale certificato si dovrà presentare una richiesta al Sindaco del Comune di residenza per il rilascio del contrassegno allegando il certificato della ASL. Il contrassegno ha validità quinquennale.

Allo scadere dei termini si può rinnovarlo presentando un certificato del proprio medico di base che confermi la persistenza delle condizioni sanitarie per le quali è stato rilasciato il contrassegno.

A questo proposito è utile ricordare che il contrassegno può essere rilasciato anche a persone che momentaneamente si ritrovano in condizioni di invalidità temporanea a causa di un infortunio o altro; in questo caso l'autorizzazione può essere rilasciata a tempo determinato a seguito della certificazione medica che attesti il periodo di durata dell'invalidità.

 

Gratuità dei parcheggi nelle zone blu

Nel 2006 la Direzione generale per la motorizzazione (Dipartimento per i trasporti terrestri) del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha emanato una nota (6 febbraio 2006, Prot n. 107) in cui ha affrontato, la questione della gratuità dei posteggi delimitati da segnaletica blu a pagamento quando sono occupati da veicoli al servizio delle persone invalide detentrici di speciale contrassegno.
Nella Nota citata il Ministero dichiarava che “Non vi è dubbio, a parere di questo Ufficio, che non si possa chiedere il pagamento di una tariffa oraria a chi, trovando occupato lo stallo a lui appositamente riservato, ne occupi un altro, peraltro non adeguatamente attrezzato a soddisfare in pieno le sue esigenze, potendosi imputare tale disagio anche ad una mancata previsione, da parte dell'Ente proprietario, di un maggior numero di stalli riservati".
Pertanto, secondo il Ministero, il parcheggio in posteggi, normalmente a pagamento, delimitati da segnaletica blu deve essere gratuita.

L’annullamento della Nota Ministeriale

In molte città le Amministrazioni Comunali, con specifici accordi, hanno attribuito a Società terze (spesso municipalizzate), la gestione delle aree di parcheggio e la riscossione del pagamento per i parcheggi delimitati da linea blu (oltre a tutta la gestione del sistema dei parcometri e dei cosiddetti “gratta e parcheggia”).
Una di queste aziende, ritenendo illegittima la Nota del Ministero, ha presentato ricorso presso il TAR del Lazio chiedendone l’annullamento.
Con Sentenza n. 6044 del 25 maggio 2006, il TAR del Lazio (Sezione III ter) ha annullato la Nota del Ministero.
Dopo quella Sentenza, ai Cittadini non rimangono strumenti normativi per invocare la gratuità incondizionata dei parcheggi regolamentati e a pagamento.
Possono richiedere la gratuità della sosta, sempre se dispongono del “contrassegno invalidi”, solo nelle aree custodite, ma, se i posti riservati sono occupati da altri titolari di contrassegno, il pagamento è dovuto.
La Sentenza del TAR del Lazio, paradossalmente, interessa marginalmente i Comuni che vogliano favorire la sosta delle persone con disabilità nel territorio di competenza, prevedendo la gratuità dei parcheggi – normalmente a pagamento – lungo le carreggiate o nelle aree di sosta incustodite gestite dal proprio personale o dalla polizia municipale.
I problemi si pongono nel momento in cui la gestione di parcheggi – tutti, non solo quelli in struttura e custoditi – è stata affidata in convenzione ad aziende terze che possono pretendere, in forza della sentenza del TAR, un’esatta previsione dei posti da riservare gratuitamente.
In questo caso è la convenzione per la concessione che stabilisce le regole. Di fatto devono essere rispettate le indicazioni dell’articolo 11 del DPR 503/1996 nella parte in cui prevede che almeno un parcheggio ogni 50 (o frazione) sia riservato e gratuito. La convenzione può imporre un numero maggiore, ma non un numero minore, perché costituirebbe una violazione di legge.

 

Parcheggi riservati ad personam

È noto che è possibile per le "persone invalide con capacità di deambulazione sensibilmente ridotta" ottenere - previo accertamento medico-legale - il cosiddetto "contrassegno invalidi" che permette - fra l'altro - di parcheggiare negli spazi a questi riservati (art. 381, DPR 495/1992 e successive modificazioni). In tal senso, è meno noto che la possibilità di ottenere il "contrassegno invalidi" è stata estesa anche ai non vedenti (art. 12 comma 3, DPR 503/1996); il contrassegno, lo ricordiamo, è concesso a prescindere dalla titolarità di una patente di guida o dalla proprietà di un automezzo.

Il Regolamento al Codice della Strada prevede che il Sindaco, con propria ordinanza, nei casi in cui ricorrono particolari condizioni disabilità, possa assegnare a titolo gratuito un adeguato spazio di sosta individuato da apposita segnaletica indicante gli estremi del "contrassegno invalidi" del soggetto autorizzato ad usufruirne. Da far notare che il Regolamento non prevede un'obbligatorietà di questi atti e, addirittura, ne limita la concessione alle zone ad alta densità di traffico.

Nello stesso articolo (381) del Regolamento è, inoltre, insita una potenziale e grave sperequazione; vi si precisa, infatti, chi beneficia della concessione "deve, di norma, essere abilitato alla guida e deve disporre di un autoveicolo".

Quel "di norma" si presta a due diverse interpretazioni: "di norma" può significare che sono possibili delle eccezioni, ma può anche voler intendere che la patente e la proprietà dell'auto sono condizioni essenziali. L'interpretazione prevalente presso molti Comuni è - purtroppo - quella più restrittiva.
Ciò comporta che tale beneficio non possa essere concesso, ad esempio, al non vedente, oppure al minore, oppure a chi è affetto da una disabilità tanto grave da non poter conseguire nemmeno una patente speciale e che verosimilmente avrebbe pari - se non maggiore - necessità di essere agevolato.

Su questo e su altri aspetti, è ancora atteso un parere dirimente da parte del Ministero competente.

 

Concessione del parcheggio ad personam: competenze

Domanda

Mia nonna è invalida civile (100% con indennità di accompagnamento) con gravi problemi alla deambulazione, come risulta da verbale della commissione medica ASL. Ha il contrassegno invalidi per la sosta da 4 anni. La stessa commissione tuttavia non vuole rilasciare il certificato per la richiesta al Comune (Salerno) di un posto auto dedicato nei pressi dell'abitazione.
La motivazione è solo e soltanto il fatto che mia nonna non è titolare di patente di guida.
Il paradosso è che l'ufficio del Comune non richiede più la patente per tale concessione. Che cosa posso fare?

Risposta

La concessione del cosiddetto parcheggio ad personam è un diritto di chi già possiede il contrassegno invalidi, ma il rilascio, come previsto dall'articolo 381 del Regolamento del Codice della strada, è discrezionale da parte del Sindaco.
La Commissione ASL, o più precisamente il Servizio di Medicina Legale dell'ASL, non ha nessuna competenza rispetto alla concessione del parcheggio. Il Servizio di Medicina Legale deve solo certificare se esiste o meno una capacità di deambulazione sensibilmente ridotta.
Per quanto riguarda il caso in questione, tale certificazione è già stata rilasciata visto che l'interessata dispone del contrassegno da quattro anni e che quindi è valido ancora un altro anno.
La richiesta della concessione del parcheggio va quindi rivolta al sindaco per il tramite della polizia municipale e non alla commissione medica. Sua nonna dispone già della documentazione necessaria (il contrassegno) per presentare questa richiesta. Il sindaco potrà decidere o meno se concedere il parcheggio, ma questa è un'altra questione.

  

Calcolo del numero dei parcheggi riservati

Domanda

 

Ho un dubbio di interpretazione del DPR 503/96 per quanto riguarda la riserva di parcheggi riservati invalidi.
La norma prevede che ogni 50 posti o frazioni di 50 sia nei parcheggi pubblici che privati ne venga riservato 1. Per esempio nel mio condominio ci sono 100 posti: di regola c'è ne vorrebbero 2, ma il conteggio come viene fatto? da 1 a 50 normali ed il 51° riservato? Oppure da 1 al 49° normali ed il 50° riservato?

Risposta

Il DM 236/1989 prevede al punto 8.2.3.:
"Nelle aree di parcheggio devono comunque essere previsti, nella misura minima di 1 ogni 50 o frazione di 50, posti auto di larghezza non inferiore a m 3,20, e riservati gratuitamente ai veicoli al servizio di persone disabili."

Questo significa che se si sono 50 parcheggi, uno deve essere riservato ai disabili e 49 agli altri utenti.
Se i parcheggi sono 30, uno deve essere riservato ai disabili e 29 agli altri.
Se i parcheggi sono 80, due devono essere riservati ai disabili e 78 agli altri.
Se i parcheggi sono 100, due devono essere riservati ai disabili e 98 agli altri.
E così via.

Detto ciò, bisogna anche precisare che se i parcheggi sono pertinenziali - cioè se ogni parcheggio corrisponde ad un appartamento - questa regola non è applicabile. Se invece si tratta di un'area di parcheggio libera, si applica la norma indicata.

 

Posti gratuiti nei parcheggi con custodia

Domanda

Vorrei sapere se quanto sancito dal DPR 384/1978 concernete i posti gratuiti nei parcheggi con custodia, indica che devono esserci in queste aree parcheggi per disabili gratuiti o si può anche intendere che si può sostare nei parcheggi a pagamento gratuitamente?

Risposta

Il DPR 384 citato è stato abrogato.
L'articolo 11 del più recente Decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 503 prevede:
"5. Nell'ambito dei parcheggi o delle attrezzature per la sosta, muniti di dispositivi di controllo della durata della sosta ovvero con custodia dei veicoli, devono essere riservati gratuitamente ai detentori del contrassegno almeno 1 posto ogni 50 o frazione di 50 posti disponibili."
È piuttosto chiaro quindi che quei parcheggi devono essere gratuiti.
La norma tuttavia non prevede però che tutti i parcheggi debbano essere gratuiti; pertanto se quei posti sono già occupati da veicoli muniti di contrassegno disabili, chi gestisce il parcheggio non è tenuto a concedere il posteggio gratuito.

 

Riserva gratuita di posto nei parcheggi custoditi

Domanda
La nostra società di gestione aeroportuale è concessionaria del sedime aeroportuale e delle strutture. Il parcheggio custodito è stato da noi dato in sub-concessione ad una società privata con l'obbligo di applicare tutte le normative del caso. Al suo interno sono quindi previsti parcheggi nelle misura di uno a 50. All'esterno del parcheggio custodito ci sono altri posti macchina e anche lì abbiamo rispettato la proporzione di uno a 50 per i disabili. Un'associazione del territorio ci ha inviato per conoscenza un reclamo di un associato che sostiene di avere diritto al parcheggio custodito gratuito in ottemperanza all'art. 28 della l. 104/92. Ma quell'articolo non menziona l'esenzione dal pagamento del servizio di custodia. Prevede solo l'obbligo di garantire gli spazi appositi. Potreste chiarirmi se ci sono altre normative a cui appellarsi per obbligare il nostro sub-concessionario a non far pagare i disabili?

Risposta
Il riferimento legislativo indicato dall'associazione non è corretto.
Quello esatto, che prevede appunto la gratuità dei posti riservati nei parcheggi custoditi, è il comma 5 dell'articolo 11 del Decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 503 ("Regolamento recante norme per l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici.")
Il comma in questione prescrive:
"5. Nell'ambito dei parcheggi o delle attrezzature per la sosta, muniti di dispositivi di controllo della durata della sosta ovvero con custodia dei veicoli, devono essere riservati gratuitamente ai detentori del contrassegno almeno 1 posto ogni 50 o frazione di 50 posti disponibili."

(Carlo Giacobini)

Chiarimento sul Sostegno

 

Un importante chiarimento sul sostegno

a cura di Salvatore Nocera                        

 

Con la Sentenza 763/12, depositata il 18 aprile scorso, il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) della Toscana ha enunciato alcuni princìpi che chiariscono sempre più la procedura per ottenere le ore di sostegno e la validità delle fasi di essa.
Il provvedimento, infatti, ha precisato che il diritto a un certo numero di ore di sostegno nasce solo quando esso è quantificato nel PEI (Piano Educativo Individualizzato), dopo una fase istruttoria che riguarda specialmente la formulazione della Diagnosi Funzionale e del Profilo Dinamico Funzionale. Tale fase preliminare si apre con la richiesta di ore di sostegno da parte dell’interessato il quale, in quel momento, ha solo un interesse legittimo che le ore vengano assegnate secondo le «sue effettive esigenze» (formula normativa, questa, che si rinviene nell’articolo, comma 605, lettera b della Legge 296/06).
Successivamente si apre la fase degli accertamenti tecnici da parte del GLHO (Gruppo di Lavoro Handicap Operativo), che verifica se quelle richieste siano conformi alle effettive esigenze.

Questa valutazione rientra nella “discrezionalità tecnica” dell’Amministrazione.
Appena la richiesta di ore viene quantificata nel PEI (Profilo Dinamico Funzionale), nasce il diritto soggettivo a quel determinato numero di ore (articolo 10, comma 5 della Legge 122/10).
Ed è proprio questa la novità rispetto alla gran parte delle Sentenze che concedono un aumento di ore, decisione, per altro, che si ispira implicitamente a quanto è già stato scritto con chiarezza nella Sentenza 80/10 della Corte Costituzionale, secondo la quale non necessariamente alla certificazione di disabilità grave deve corrispondere il massimo delle ore di sostegno, dovendosi guardare alla specificità del deficit. Si riporta testualmente un brano della motivazione addotta nell’interessante Sentenza del TAR toscano: «È importante sottolineare, ai fini della soluzione della presente controversia, che non esiste un diritto soggettivo generale alla fruizione di specifiche misure di integrazione ed in particolare di un numero predeterminato di ore di sostegno scolastico. Spetta infatti alle Amministrazioni indicate dalla normativa, nel rispetto dei criteri di logica e ragionevolezza e con corretta applicazione di eventuali scienze tecniche rilevanti, individuare caso per caso le misure idonee a garantire l’integrazione scolastica avendo quale obiettivo anche la progressiva autonomizzazione della persona diversamente abile, nei limiti consentiti dalla sua situazione. Può quindi anche essere giustificata una riduzione delle ore di sostegno se ragionevolmente motivata dal, e finalizzata al, raggiungimento di tale obiettivo. Una volta formato il Piano Educativo Individualizzato, allora la pretesa all’integrazione in capo all’alunno diversamente abile assume concretezza di diritto soggettivo e si specifica nella fruizione degli interventi ivi rappresentati, e correlativamente nasce un’obbligazione in capo alle Amministrazioni competenti a renderli [grassetti del curatore nella citazione, N.d.R.]».

Da questo brano sembra pertanto potersi legittimamente dedurre che le riduzioni di ore – rispetto a quelle indicate nel PEI – effettuate dagli Uffici Scolastici Provinciali o Regionali sono illegittime, non solo se determinate da problemi di bilancio (come è stato affermato costantemente dalla Corte Costituzionale e da ultimo nella citata Sentenza 80/10), ma anche se motivate dalla mancanza delle effettive esigenze, quando queste affermazioni non poggino sul parere tecnico del Gruppo di Lavoro dell’Ufficio Scolastico Provinciale o di un eventuale Gruppo di Lavoro dell’Ufficio Scolastico Regionale.

Vicepresidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).

luglio 2012

Fonte: Superando.it

Falsi invalidi e medici conniventi

I falsi invalidi e i medici conniventi

di Simone Fanti

Le forze dell’ordine hanno pizzicato, nei primi sei mesi del 2012, migliaia di falsi invalidi che percepivano ingiustamente indennità di accompagnamento e pensioni varie. Oh finalmente una buona notizia. Potete immaginare il sottile piacere che provo a leggere queste news? A me, come a tanti, viene in mente un solo pensiero: un falso invalido incastrato è un truffatore in meno in circolazione. Chiamiamo le cose con il loro nome. Sono persone che, pedinate per settimane da Polizia, Carabinieri e Guardia di finanza, sono finite davanti ad un tribunale. Mi sembra di essere in un Paese normale dove i furbetti non la fanno franca. Sembra…

Con il timore di far crescere il nervoso a chi è in vacanza e vorrebbe solamente rilassarsi e lasciarsi alle spalle le rogne, non vogliatemene, vi racconto di un paese, il nostro, che ha un’etica tutta sua. Con una morale dai confini molto flessibili e costruita su misura di ciascuno…

I circa 3400 truffatori – 1844 falsi poveri e 1565 falsi invalidi – individuati dalla Guardia di Finanza nel primo semestre 2012, hanno percepito indebitamente circa 60 milioni di euro. È come se ognuno di noi, lo Stato alla fine è l’insieme dei suoi cittadini, avesse regalato a queste persone un euro. Non molto in verità, ma forse quell’euro avreste preferito averlo in tasca voi anche solo per tentare la sorte con un biglietto fortunato della lotteria. Avreste avuto almeno l’opportunità di rivedere qualche soldo indietro, grazie alla dea bendata. Invece la somma intascata indebitamente difficilmente verrà recuperata: la giustizia, se riterrà queste persone dei truffatori, procederà al sequestro di qualche bene di pari valore, ma dubito fortemente che ne troverà. Spesso i falsi invalidi, infatti, sono persone che vivono in affitto e si sostentano miseramente con quei pochi soldi, senza accumulare sostanze. Ergo, consolatevi almeno non verrà erogato ingiustamente altro denaro pubblico.

E chi ha agevolato questi truffatori sarà punito? Ricordatevi che viviamo in Italia. Vi riporto due dichiarazioni, rilasciate alla stampa, e non approfondisco, per il momento, credo si commentino da sole. «Quando ci sono risvolti penali», raccontano i finanzieri, «spesso si tratta di reati caduti in prescrizione». Traduzione i medici e le commissioni mediche che hanno redatto i certificati falsi, ne escono puliti. Né carcere, né allontanamento dalla professione o dai pubblici uffici. L’Inps conferma che «neanche l’1% dei medici coinvolti in queste vicende viene sanzionato dall’Ordine dei medici».

A questo punto, visto che vi ho innervosito, vi consolo con una storia a lieto fine raccontata sul settimanale Panorama. È la storia di Lucia Viggiano, presidentessa dell’associazione Tutti a scuola che aiuta i bambini con disturbi psichici e fisici, a cui il consulente medico legale, nominato dal tribunale per redimere una controversia tra la signora e l’Inps – le era stata ritirata l’indennità di accompagnamento della figlia e lei aveva fatto ricorso – chiese una tangente per scrivere sul certificato la verità: ovvero che la figlia della signora Viggiano aveva un ritardo medio-grave. Viggiano registrò la conversazione e fece denuncia. Il processo è passato in appello, ma in primo grado il medico è stato condannato a due anni e interdizione dai pubblici uffici, con pena sospesa (ha presentato un ricorso in appello) e la signora ha riavuto l’indennità di accompagnamento. Una mezza vittoria che può esser di esempio per chi subisce questi soprusi.

Fonte “IL CORRIERE DELLA SERA.IT” del 13 agosto 2012

Scuola: chiarimenti sul sostegno

Un importante chiarimento sul sostegno

a cura di Salvatore Nocera                        

 

Con la Sentenza 763/12, depositata il 18 aprile scorso, il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) della Toscana ha enunciato alcuni princìpi che chiariscono sempre più la procedura per ottenere le ore di sostegno e la validità delle fasi di essa.
Il provvedimento, infatti, ha precisato che il diritto a un certo numero di ore di sostegno nasce solo quando esso è quantificato nel PEI (Piano Educativo Individualizzato), dopo una fase istruttoria che riguarda specialmente la formulazione della Diagnosi Funzionale e del Profilo Dinamico Funzionale. Tale fase preliminare si apre con la richiesta di ore di sostegno da parte dell’interessato il quale, in quel momento, ha solo un interesse legittimo che le ore vengano assegnate secondo le «sue effettive esigenze» (formula normativa, questa, che si rinviene nell’articolo, comma 605, lettera b della Legge 296/06).
Successivamente si apre la fase degli accertamenti tecnici da parte del GLHO (Gruppo di Lavoro Handicap Operativo), che verifica se quelle richieste siano conformi alle effettive esigenze.

Questa valutazione rientra nella “discrezionalità tecnica” dell’Amministrazione.
Appena la richiesta di ore viene quantificata nel PEI (Profilo Dinamico Funzionale), nasce il diritto soggettivo a quel determinato numero di ore (articolo 10, comma 5 della Legge 122/10).
Ed è proprio questa la novità rispetto alla gran parte delle Sentenze che concedono un aumento di ore, decisione, per altro, che si ispira implicitamente a quanto è già stato scritto con chiarezza nella Sentenza 80/10 della Corte Costituzionale, secondo la quale non necessariamente alla certificazione di disabilità grave deve corrispondere il massimo delle ore di sostegno, dovendosi guardare alla specificità del deficit.

Riteniamo opportuno a questo punto riportare testualmente un brano della motivazione addotta nell’interessante Sentenza del TAR toscano: «È importante sottolineare, ai fini della soluzione della presente controversia, che non esiste un diritto soggettivo generale alla fruizione di specifiche misure di integrazione ed in particolare di un numero predeterminato di ore di sostegno scolastico. Spetta infatti alle Amministrazioni indicate dalla normativa, nel rispetto dei criteri di logica e ragionevolezza e con corretta applicazione di eventuali scienze tecniche rilevanti, individuare caso per caso le misure idonee a garantire l’integrazione scolastica avendo quale obiettivo anche la progressiva autonomizzazione della persona diversamente abile, nei limiti consentiti dalla sua situazione. Può quindi anche essere giustificata una riduzione delle ore di sostegno se ragionevolmente motivata dal, e finalizzata al, raggiungimento di tale obiettivo. Una volta formato il Piano Educativo Individualizzato, allora la pretesa all’integrazione in capo all’alunno diversamente abile assume concretezza di diritto soggettivo e si specifica nella fruizione degli interventi ivi rappresentati, e correlativamente nasce un’obbligazione in capo alle Amministrazioni competenti a renderli [grassetti del curatore nella citazione, N.d.R.]».

Da questo brano sembra pertanto potersi legittimamente dedurre che le riduzioni di ore – rispetto a quelle indicate nel PEI – effettuate dagli Uffici Scolastici Provinciali o Regionali sono illegittime, non solo se determinate da problemi di bilancio (come è stato affermato costantemente dalla Corte Costituzionale e da ultimo nella citata Sentenza 80/10), ma anche se motivate dalla mancanza delle effettive esigenze, quando queste affermazioni non poggino sul parere tecnico del Gruppo di Lavoro dell’Ufficio Scolastico Provinciale o di un eventuale Gruppo di Lavoro dell’Ufficio Scolastico Regionale.

Vicepresidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).

luglio 2012

Fonte: Superando.it

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