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Applicazione dei LEA nelle Marche

Marche: assistenza ai disabili senza regole, la protesta del terzo settore

Comuni, associazioni, utenti, operatori. Tutti uniti in un grido di protesta contro la Regione, che da 7 mesi è sorda alle loro istanze. Si chiedono garanzie sull'assistenza socio-sanitaria per soggetti non autosufficienti

                        Stefano Pagliarini15 marzo 2013

 

Come sempre, nel periodo di crisi economica, i primi a fare le spese della mancanza di fondi sono sempre le fasce più deboli. A testimoniarlo è la mobilitazione di 60 organizzazioni del terzo settore (associazioni di volontari, utenti , cooperative, operatori), a cui si sono uniti 5 comuni (Jesi, Falconara, Senigallia, Ascoli Piceno, Maiolati Spontini) e la provincia di Fermo. Un'unione che promuove la campagna “Trasparenza e diritti per la regolamentazione dei servizi sanitari e applicazione dei Lea nelle Marche”. L'iniziativa è stata resa nota in conferenza stampa. Hanno parlato Samuele Animali (Antigone), Fabio Ragaini (Gruppo solidarietà), Roberto Frollini, Daniele Gigli (Educatore, operatore e membro Anep Marche) e Giuseppe Buondonno (assessore alle politiche sociali per la provincia di Fermo).

Il problema è che, a livello regionale, non c'è una regolamentazione dell'accesso ai servizi socio-sanitari, per quel che riguarda quelle persone colpite da patologie, che le rende non autosufficienti: psichiatrici, disabili, anziani, malati. Questa mancanza di regolamentazione crea difficoltà per 12.000 utenti in tutta la regione nell'accesso ai servizi, nelle regole di funzionamento, nelle figure professionali. Ma soprattutto due problemi due problemi di discriminazione nel funzionamento del servizio. Il primo è il fatto che si vengono a creare delle strutture che non garantiscono il livello di servizi adeguati per quel determinato disagio. Ad esempio potrebbe aprire un centro per disabili con patologie gravi, ma dove si vengono a creare strutture e servizi per disabili con patologie meno gravi. Il secondo problema sono le rette a carico degli utenti e la mancata definizione della quota a carico dei servizi sanitari e sociali. Infatti con la mancata applicazione dei Lea (Livelli essenziali di assistenza), la Regione non rispetterebbe il suo obbligo di partecipazione ai finanziamenti del sistema sanitario obbligatorio per questi utenti. La palla passerebbe alle varie Asur territoriali e ai Comuni che, in modo differente da territorio a territorio, concerterebbero di volta in volta le percentuali di partecipazione economica. Ad esempio in caso di strutture per gravi disabilità, la Regione dovrebbe coprire il 70% delle spese ma, non essendo garantiti i Lea, quelle diventano spese a carico dei Comuni o addirittura gli utenti stessi o le loro famiglie, che si troverebbero a dover sborsare cifre che si aggirano tra i 50 e i 100 euro al giorno. A testimoniarlo è proprio Fabio Ragaini che ha detto che, ad oggi, una stessa struttura per disabili, a Pesaro potrebbe avere circa 360 minuti al giorno di servizio per 162 euro giornaliere, mentre ad Ancona 142 minuti per 171 euro al giorno. Cifre su cui, lo hanno detto chiaramente, si rischia la speculazione: “La mancata applicazione dei Lea è funzionale per non assumere oneri finanziari che la regione dovrebbe assumere” ha ribadito Ragaini.

Per questo stamane in conferenza stampa i relatori della campagna hanno lanciato l'allarme: il rischio del venire meno del diritto alla salute e dei diritti umani fondamentali per alcune persone. Diritti umani che, proprio nella nostra Costituzione, vengono prima dello Stato, che deve far in modo che siano rispettati. Si pensi che, tra gli utenti di queste prestazioni socio-sanitarie, ci sono anche persone che non potrebbero esprimersi senza alcuni servizi. Dopo 7 mesi di silenzio della Regione, le 60 organizzazioni chiedono una risposta, ma soprattutto: applicazione dei Lea, definizione degli aspetti normativi e regolamentati in maniera omogenea, una soluzione partecipata con tutte le rappresentanze del settore, equità nella gestione delle risorse. Proprio stamattina ai promotori della campagna “Trasparenza e Diritti” è arrivata una mail della Regione che apre al dialogo. E' solo l'inizio.

Nota della Redazione

L'Associazione Aniep Ancona fa parte delle 60 organizzazioni del Terzo Settore firmatarie del documento di protesta.

BANDIERE LILLA

Arrivano le bandiere lilla per segnalare le spiagge senza barriere

La Liguria farà da apripista per una campagna che verrà ripresa a livello nazionale. Per meritare il riconoscimento, i Comuni, le strutture ricettive e i bagni marini dovranno rispondere a un questionario realizzato dalla Consulta ligure delle disabilità

                       

GENOVA - Ci sono le bandiere blu che indicano i tratti di mare pulito, quelle verdi assegnate alle attività agricole più innovative. A questi riconoscimenti da quest'estate si aggiungeranno le bandiere lilla, che certificheranno le realtà turistiche aperte a tutti, accessibili senza ostacoli per le persone con disabilità. Si parte dalla Liguria, terra di turismo dove però spesso le strutture non sono adeguate, per una campagna che verrà ripresa a livello nazionale. "La Liguria farà da apripista - spiega Angelo Berlangieri, assessore al turismo della regione - e dopo la certificazione dei Comuni liguri che rispetteranno i parametri definiti dal protocollo, avverrà l'esportazione del riconoscimento anche alle altre regioni d'Italia".

Per passare l'esame e meritare il riconoscimento, i Comuni, le strutture ricettive e i bagni marini dovranno rispondere a un questionario realizzato dalla Consulta ligure delle disabilità. Tra i punti presi in esame ci saranno le condizioni delle infrastrutture, l'accessibilità, l'esistenza di iniziative rivolte ai disabili, l'adeguatezza delle strutture di accoglienza fino alla presenza di menu specifici per le diverse esigenze alimentari. "Per ottenere il riconoscimento le strutture dovranno ottenere un punteggio che corrisponda almeno al 50% del massimo ottenibile rispondendo positivamente a tutte le domande del questionario - sottolinea Lorena Rambaudi, assessore regionale al Welfare - . I comuni invece dovranno avere un doppio parametro: un punteggio pari o superiore al 50% del massimo ottenibile dal questionario e almeno il 10% delle strutture ricettive comprese nel territorio comunale con una bandiera lilla". La soglia del 10% è stata scelta perché corrisponde al doppio della percentuale di disabili rispetto al totale della popolazione italiana. Il progetto prenderà il via nei prossimi giorni e pare che la prima bandiera lilla verrà assegnata subito dopo l'estate. Intanto però la Regione non ha ancora trovato una soluzione per Terre di Mare, l'unico portale sul turismo accessibile in Liguria, che ha chiuso a inizio 2013 per mancanza di fondi (lsc)

(13 marzo 2013)

Fonte Superabile

8 MARZO

La Giornata Internazionale della Donna, universalmente nota come Festa della Donna, ricorre l’8 marzo di ogni anno, per ricordare le conquiste sociali, politiche, economiche delle donne, ma anche le discriminazioni e le violenze che esse devono ancora subire in tutti i Paesi del mondo. Simbolo di questa Festa è la mimosa, che comparve per la prima volta in Italia nel 1946.
L’articolo 1 della nostra Costituzione afferma che «tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e in diritti», ma queste, per le donne, sono state
solo parole, per diverso tempo.
L’essere donna, in qualsiasi luogo, è difficile, e
da sempre è stato così, anche se oggi le Nazioni Unite hanno promosso numerose iniziative per fare aumentare la consapevolezza dei diritti umani. Ma nella realtà di tutti i giorni le cose vanno diversamente, e spesso si dimenticano i diritti delle donne, in quanto esseri umani alla pari degli uomini. Ogni giorno, infatti, si sentono notizie di donne vittime di violazioni dei loro diritti, attraverso violenze fisiche, sessuali e psicologiche.
La Comunità Internazionale, come detto, si è attivata e nel 1979 l’ONU ha emanato la Convenzione sull’Eliminazione di tutte le Forme di Discriminazione nei confronti della Donna (
CEDAW), con l’obiettivo di far prendere agli Stati misure atte a modificare i modelli socio-culturali, ad eliminare pregiudizi basati sul sesso, a curare l’educazione familiare ponendo attenzione alla maternità.

E quando si tratta di donne con disabilità? Qui la discriminazione è doppia, perché le donne disabili vivono il doppio svantaggio dovuto appunto alle condizioni di disabilità da una parte e a quello derivante dalla loro condizione femminile dall’altra.
Nemmeno le politiche sociali sulle disabilità
tengono conto del genere. Esse, infatti, non vengono considerate in relazione alla femminilità e quindi alla maternità e alla genitorialità, cosicché le donne con disabilità hanno più difficoltà a trovare lavoro rispetto agli uomini, sono spesso dissuase dall’avere figli e fanno registrare il più alto tasso di violenze e abusi subiti, soprattutto nel caso di donne con malattie psichiatriche o problemi intellettive.
Oppure le donne hanno spesso a che fare con la
disabilità dei loro figli e qui si tratta di madri che lottano ogni giorno per i loro figli, per i loro diritti, contro l’emarginazione di chi pensa che le persone con disabilità debbano stare chiuse in casa. Frequentemente, a causa della situazione dei loro figli, queste madri si chiudono in se stesse, in un lungo silenzio, per paura di non saper che dire, di non riuscire a comunicare nel modo giusto con i figli stessi. Vivono situazioni di imbarazzo con le altre persone, insensibili di fronte alla loro situazione.

La Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità dedica uno specifico articolo (il sesto) al problema delle donne, dichiarando che «le donne e le minori con disabilità sono soggette a discriminazioni multiple», sia nell’ambiente domestico che all’esterno nelle società. Gli Stati, quindi, devono adottare misure per garantir loro «il godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali».
È proprio su questo punto –
donne con disabilità e madri di figli con disabilità – che l’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale) esplica il proprio pensiero, affermando che l’essere disabile, l’essere donna, non sono situazioni da “rinchiudere” in una sola e unica giornata, perché la disabilità – così come l’essere donna, madre e figlia – è tutti i giorni, è la quotidianità, non facile, di molte persone.

Volontaria e tirocinante dell’ANFFAS di Modica (Ragusa) (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale).

8 marzo 2013

Fonte Superando.it

TURISMO ACCESSIBILE – FIERA DI VICENZA

Per chi fosse interessato comunichiamo che dal 21 al 24 marzo 2013 si terrà a Vicenza Gitando.all, il Salone del turismo e dello sport accessibile dedicato alle persone con esigenze specifiche, realizzato con la collaborazione di Village for all – V4A® .

Ingresso gratuito.

Per info:
Gitando.all

ww.buyitalyforall.com

A Fermo si vuole eliminare chi vigila sulle barriere

Appare decisamente una «scelta controcorrente», come sottolinea con amara ironia Gianni Conte, rappresentante dell’APM (Associazione Paraplegici delle Marche) e della Consulta Regionale per la Disabilità delle Marche, quella che vorrebbe attuare il Comune di Fermo, di eliminare cioè dalla propria Commissione Edilizia il rappresentante delle Associazioni, che vigila sulle barriere. Una scelta da bloccare rapidamente

                        «Il Consiglio Comunale di Fermo sta modificando il proprio Regolamento Edilizio, con la previsione di eliminare alcuni componenti della Commissione Edilizia, tra i quali il rappresentante delle Associazioni delle categorie di persone con disabilità, che vigilano sull’abbattimento delle barriere architettoniche».
La denuncia di tale scelta, definita con amara ironia «davvero controcorrente», proviene da
Giovanni Conte, rappresentante dell’APM (Associazione Paraplegici delle Marche) e della Consulta Regionale per la Disabilità delle Marche, per il settore delle barriere architettoniche.

Lo stesso Conte ricorda poi che poco meno di un anno fa, nel giugno 2012 – come ampiamente riferito anche dal nostro giornale – era stato lo stesso Consiglio Regionale delle Marche, sollecitato dal Difensore Civico Regionale e da tutte le Associazioni di categoria «a deliberare un vero e proprio stato di emergenza generale, per il mancato abbattimento delle barriere e per le normative sempre più frequentemente disattese, nella stragrande maggioranza dei Comuni della Regione».
Nello specifico di
Fermo, poi, «nemmeno questa città – secondo Conte – si può certo considerare esente da questo flagello o particolarmente virtuosa in tal senso. Anzi, proprio a causa delle caratteristiche territoriali e storico-architettoniche, le costruzioni private, gli edifici pubblici e gli spazi urbani in genere sono spesso inaccessibili e quasi sempre al limite o ben oltre il rispetto della normativa, tanto che nei suoi cinque anni di attività, il rappresentante delle Associazioni nella Commissione Edilizia ha dovuto scongiurare molte situazioni progettuali non conformi alla normativa, situazioni di chiara inaccessibilità che gli stessi tecnici comunali non sempre riescono a rilevare, data la specificità e la complessità della materia».

«Riteniamo quindi – conclude l’esponente dell’APM e della Consulta Regionale per la Disabilità – che sia un segnale molto negativo, da parte del Consiglio Comunale fermano, rinunciare a un esperto in tale materia, da inserire nella Commissione Edilizia, tanto più che va controcorrente anche rispetto a quella stessa Delibera con cui, nella primavera del 2012, la città marchigiana aveva deciso di aderire alla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità».
L’auspicio di Conte è che si possa pertanto arrivare rapidamente a un confronto tra l’Amministrazione Comunale e i rappresentanti delle Associazioni, «prima che questa pessima scelta diventi un potenziale danno per gli utenti e per tutta la cittadinanza».
(S.B.)

27 febbraio 2013

 Fonte Superando

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