Get Adobe Flash player

News dal Parco Naturale Del Sasso e Simoncello

Chiamando il numero del Centro Visite di Pietrarubbia in localita' Ponte Cappuccini allo 0722 75350 è poaaibile concordare itinerari accessibili al gruppo per visite guidate all'interno del Parco Naturale del Sasso Simone e Simoncello.

Il Centro visite di Ponte Cappuccini ha i seguenti orari:

dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 13.00, il sabato dalle 10.00 alle 12.00 e la domenica dalle 9.00 alle 12.00

Resto a completa disposizione.


Per il Centro Visite di Ponte Cappuccini
Claudia Gallinelli

 

Centro Visite del Parco Naturale del Sasso Simone e Simoncello

Via Montefeltresca, 157 - 61020 Pietrarubbia (PU)

Tel. e fax: 0722 75350

This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.">This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.

 

La prima rivista italiana di studi sulla disabilità

                                                                                             

I Disability Studies vogliono trasformare la società: ora c'è la rivista italiana

(Intervista a Simona D'Alessio)

All'estero se ne parla già da un po'. Nel mondo anglosassone addirittura da un bel po'. In Italia, invece, i "Disability Studies" non c'erano ancora, almeno non con una veste ufficiale.
Organizzazioni come la
FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e DPI Italia (Disabled Peoples’ International) dedicano già da un po' parte della loro attività ai cosiddetti Disability Studies. Perché hanno capito che si tratta di un'azione politica fondamentale.
Ora, dallo scorso marzo,  anche in Italia c'è un gruppo di studio e una rivista ad essi dedicata.La sua nascita è avvenuta nel modo più interessante, perché non è stata concepita negli ambienti "baronali" dei corridoi universitari, ma è scaturita dall'ingegno di un gruppo di giovani ricercatori indipendenti. Tra questi Simona D'Alessio.. La sua storia è quella di un'insegnante di sostegno che si è resa conto che la pratica si può cambiare solo dopo che si è cambiata la teoria. Se si vuole che le cose vadano in un certo modo, insomma, occorre prima che le persone responsabili siano convinte che quello sia il modo in cui debbano andare. Allora Simona ha studiato e si è formata, fino a diventare una delle massime esperte italiane di questo settore innovativo.
Oggi insegna inglese part-time e collabora con l'
European Agency for Development in Special Needs Education. «Quest'ultima - ci spiega - è un'organizzazione europea indipendente, finanziata sia dai Ministeri dell'Istruzione dei ventisette Paesi membri, europei o che gravitano attorno all'Unione Europea, sia dalla Commissione Europea. Quest’ultima sostiene l'Agenzia tramite il Jean Monnet Programme, che fa parte del Programma Lifelong Learning Programme (LLP), lo stesso che finanzia ad esempio l'Erasmus, grazie a cui gli studenti universitari frequentano per un anno le università straniere». (Barbara Pianca)

Qual è il ruolo dell'Agenzia Europea per lo Sviluppo dei Bisogni Educativi Speciali?

«Siamo una piattaforma internazionale di scambio che mette in contatto i vari Paesi membri, per avviare confronti sulle politiche dedicate alle persone con disabilità nell'ambito dell’educazione. Io personalmente mi occupo di educazione inclusiva. Ma la rivista che ho fondato insieme agli altri non c'entra con l’Agenzia, è un'iniziativa del tutto indipendente».

La rivista è la prima in Italia dedicata ai "Disability Studies". Cosa sono esattamente?

«Sono una nuova materia interdisciplinare il cui obiettivo è studiare la disabilità da una nuova prospettiva e non più solo come fenomeno medico individuale. Una materia interdisciplinare perché richiama studiosi ed esperti di storia, diritto, educazione, scienze sociali, sociologia, psicologia e filosofia, che osservano la disabilità intendendola come una costruzione sociale.
Una persona vive uno stato di disabilità - è in un certo senso ‘"disabilitato" - perché la società in cui è inserita ha degli elementi di inaccessibilità a vario livello che la opprimono e discriminano. La disabilità, insomma, è da intendersi più che altro come una forma di oppressione sociale in cui le persone con disabilità sono costrette a vivere a causa del modo in cui è strutturata la società.
Ogni studioso cerca nel proprio campo gli ostacoli specifici (povertà, disoccupazione, politiche educative e sociali disabilitanti, barriere architettoniche, nella comunicazione e culturali e atteggiamenti sociali) ed esplora le proposte per superarli. Non interessa qui la condizione medica. Non interessa riabilitare o assistere. Interessa trasformare, pensare cioè a una società capace di rispondere alle esigenze di tutti, anche a quelle delle persone con disabilità».

Avete dei riferimenti extranazionali?

«Certo. Devono essere extranazionali per forza perché da noi manca una vera e propria tradizione di Disability Studies. Essi nascono a partire dagli anni Settanta in ambiente prevalentemente anglosassone: Nordeuropa, Inghilterra e Nordamerica. Siamo in contatto soprattutto con il movimento britannico, capitanato da Mike Oliver e Len Barton, che hanno teorizzato il modello sociale proposto dall'UPIAS (Union of the Physically Impaired Against Segregation)».

Qual è il ruolo politico dei Disability Studies?

«Questa domanda è centrale perché i DisabilityStudies nascono con uno scopo esplicitamente politico, quello cioè di promuovere il cambiamento sociale verso un mondo in cui le persone con disabilità partecipino attivamente alla progettazione collettiva. Vogliamo liberare dall'oppressione chi la subisce, identificando le barriere che lo opprimono e permettendo a chi è stato sempre escluso di recuperare un ruolo attivo nella vita sociale.
Le persone con disabilità sono state lungamente escluse dai processi decisionali e ancora oggi l'inclusione è spesso più che altro formale. Significa che alle persone con disabilità viene al massimo consentito di scegliere tra alcune variabili già predisposte, ma difficilmente esse siedono al tavolo di discussione fin dall'inizio, quando le decisioni devono ancora venir prese. La nostra proposta è invece quella di capovolgerele relazioni di potere esistenti, dove i professionisti della medicina, del welfare e non solo decidono senza consultare chi l'oppressione la vive sulla sua pelle. Questo implica investire la ricerca di un ruolo etico, vale a dire assumersi la portata sociale e politica della ricerca, intesa come potenziale sorgente di cambiamento e responsabilizzazione dei suoi partecipanti alla ricerca».

La Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità ha contribuito a modificare la situazione nel senso auspicato dai Disability Studies?

«Mi pare più che altro a livello macro, per ora. Nel piccolo, nel concreto, i cambiamenti faticano a emergere. Però si tratta di uno stimolo fondamentale che mette in luce i princìpi cui ogni Stato aderente cercherà poi, a suo modo e a seconda dei suoi tempi, di conformarsi».

Qual è il ruolo dell’Università in tutto questo?

«Il ruolo dell'Università dovrebbe essere quello del cosiddetto critical friend, ossia di osservatore in grado di offrire una critica costruttiva, necessaria alla trasformazione culturale e al miglioramento delle condizioni di vita delle persone con disabilità e non. In generale dovrebbe contribuire a creare una società più giusta e più equa da cui tutti possiamo trarre beneficio.
Purtroppo oggi le Università non sempre sono un faro per la guida verso il cambiamento, soprattutto in Italia, dove spesso si assiste a un'azione conservatrice (dal punto di vista culturale, ma non solo) delle relazioni di potere esistenti e quindi a un mantenimento dello status quo… è triste ma è così. Sono però fiduciosa che qualcosa cambi nel prossimo futuro, sia grazie al lavoro che stanno facendo le organizzazioni delle persone con disabilità come la FISH, sia grazie a quello di studiosi di stampo internazionale i cui lavori cominciano ad entrare nelle nostre biblioteche. Di fatto, però, ad oggi manca ancora una sistematizzazione dei DisabilityStudies a livello accademico in Italia. A parte due eccezioni, L’Università di Bergamo e di Reggio Calabria, non ho trovato finora nessun Ateneo interessato a muoversi in questo senso».

Dove inserirebbe i Disability Studies nei percorsi di studio universitari?

«All'interno dei corsi di sociologia dell’educazione, pedagogia speciale (che io non chiamerei "speciale" perché secondo me è un termine discriminante), scienze della formazione, medicina, filosofia e giurisprudenza».

Ci può presentare il primo numero?
«Nel primo numero ci sono sette articoli (incluso l'editoriale), più una traduzione ed una recensione.Vi ha anche collaborato Giampiero Griffo del direttivo della FISH. Non esiste un tema monografico per questo primo numero, ma poiché i DisabilityStudies in Italia ancora non esistono in modo strutturato, abbiamo cercato di rendere forte la nostra voce, dichiarando che è arrivata l'ora di offrire loro uno spazio di dialogo e di dibattito.
Siamo in pochi e se non facciamo rete sarà difficile contribuire alla nascita e diffusione di queste nuove teorie. La nostra è una voce alternativa, non per forza migliore o peggiore, ma decisamente diversa e nuova».

Fonte Superando

Nota della Redazione

Per leggere la rivista digitare sul motore di ricerca Google “Rivista italiana di studi sulla disabilità”

 


Ultime sul rinnovo patenti disabili

RINNOVO PATENTE PER DISABILI: LE NOVITA' CON LA "FREGATURA"

fac simile PatenteIl Dlgs entrerà però in vigore solo dal gennaio 2013

Il 18 aprile scorso il Consiglio dei Ministri ha emanato il Decreto Legislativo n.59 che recepisce la normativa comunitaria e modifica alcuni punti del Codice della Strada.

Il provvedimento opera su diversi livelli: recepisce integralmente le norme europee in materia di patenti, procede all'armonizzazione delle disposizioni del codice della strada sia con quelle europee in materia di circolazione con patente di guida rilasciata da uno Stato dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo, sia con quelle in materia di circolazione con patente di guida rilasciata da uno Stato extra-comunitario, ed effettua interventi di coordinamento con le altre disposizioni codicistiche.

In particolare, per quello che riguarda i portatori di handicap, il Decreto recepisce in toto quanto contenuto della Direttiva 2006/126/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, datata 20 dicembre 2006 e concernente appunto la patente di guida.
Nell'Allegato III di tale Direttiva si trovano raccolte le norme minime concernenti l'idoneità fisica e mentale per la guida di un veicolo a motore e da qui possiamo ricavare dunque le novità più interessanti per i disabili. Vediamole nel dettaglio.

CAPACITA' VISIVA
Il candidato alla patente di guida deve sottoporsi ad esami appropriati per accertare la compatibilità della sua acutezza visiva con la guida dei veicoli a motore. Se c'è motivo di dubitare che la sua vista sia adeguata, il candidato dovrà essere esaminato da un'autorità medica competente. Durante questo esame, l'attenzione dovrà essere rivolta in particolare all'acutezza visiva, al campo visivo, alla visione crepuscolare e alle malattie progressive degli occhi.

Gruppo 1 (conducenti di veicoli delle categorie A, A1, A2, AM, B, B1 e BE)
Il candidato al rilascio o al rinnovo della patente di guida deve possedere un'acutezza visiva binoculare, se del caso con correzione ottica, di almeno 0,5 utilizzando i due occhi insieme. La patente di guida non deve essere né rilasciata né rinnovata se dall'esame medico risulta che il campo visivo è inferiore a 120o sul piano orizzontale, salvo casi eccezionali debitamente giustificati da parere medico favorevole e da prova pratica positiva, o che l'interessato è colpito da un'altra affezione della vista tale da pregiudicare la sicurezza della guida. Qualora si scopra o si accerti una malattia degli occhi progressiva, la patente può essere rilasciata o rinnovata sulla base di un esame periodico praticato da un'autorità medica competente.
Il candidato al rilascio o al rinnovo della patente di guida che ha una perdita funzionale totale della vista di un occhio o che utilizza soltanto un occhio, per esempio in caso di diplopia, deve avere un'acutezza visiva di almeno 0,6, se del caso con correzione ottica. L'autorità medica competente deve certificare che tale condizione di vista monoculare esiste da un periodo di tempo abbastanza lungo perché l'interessato vi si sia adattato e che l'acutezza visiva di tale occhio è normale.

Gruppo 2 (conducenti di veicoli delle categorie C, CE, C1, C1E, D, DE, D1 e D1E)
Il candidato al rilascio o al rinnovo della patente di guida deve possedere un'acutezza visiva dei due occhi, se del caso con correzione ottica, di almeno 0,8 per l'occhio più sano e di almeno 0,5 per l'occhio meno sano. Se i valori di 0,8 e 0,5 sono raggiunti con correzione ottica, l'acutezza non corretta di ogni occhio deve essere pari a 0,05, oppure la correzione dell'acutezza minima (0,8 e 0,5) deve essere ottenuta con lenti la cui potenza non può superare più o meno 8 diottrie oppure con l'ausilio di lenti a contatto (visione non corretta = 0,05). La correzione deve essere ben tollerata. La patente di guida non deve essere né rilasciata né rinnovata se il candidato o il conducente non ha un campo visivo binoculare normale oppure se è colpito da diplopia.

CAPACITA' UDITIVA
La patente di guida può essere rilasciata o rinnovata al candidato o conducente del gruppo 2, previo parere dell'autorità medica competente; l'esame medico terrà conto, segnatamente, delle possibilità di compensazione.

MINORAZIONI DELL'APPARATO LOCOMOTORE
La patente di guida non deve essere né rilasciata né rinnovata al candidato o conducente colpito da affezioni o anomalie del sistema locomotore che rendano pericolosa la guida di un veicolo a motore.

Gruppo 1 (conducenti di veicoli delle categorie A, A1, A2, AM, B, B1 e BE)
La patente di guida con condizioni restrittive può essere rilasciata, se del caso, previo esame di un'autorità medica competente, al candidato o conducente fisicamente disabile. Il parere deve basarsi su una valutazione medica dell'affezione o dell'anomalia in questione ed eventualmente su una prova pratica; deve essere completato con l'indicazione del tipo di adattamento di cui il veicolo deve essere dotato, nonché della necessità di usare o meno un apparecchio ortopedico, sempre che dalla prova di controllo delle capacità e del comportamento risulti che con tali dispositivi la guida non è pericolosa.
La patente di guida può essere rilasciata o rinnovata al candidato colpito da una affezione evolutiva a condizione che il disabile si sottoponga a controlli periodici per accertare se sia sempre capace di guidare il veicolo con piena sicurezza.
La patente di guida senza controllo medico regolare può essere rilasciata o rinnovata quando la disabilità si sia stabilizzata.

Gruppo 2 (conducenti di veicoli delle categorie C, CE, C1, C1E, D, DE, D1 e D1E)
L'autorità medica competente tiene in debito conto i rischi o pericoli addizionali connessi con la guida dei veicoli che rientrano nella definizione di tale gruppo.

DIABETE MELLITO (leggi anche PATENTE AI DIABETICI: NUOVE DIFFICOLTA' PER IL RINNOVO)
La patente di guida può essere rilasciata o rinnovata al candidato o conducente colpito da diabete mellito, previo parere di un medico autorizzato e regolare controllo medico specifico per ogni caso.

Gruppo 2 (conducenti di veicoli delle categorie C, CE, C1, C1E, D, DE, D1 e D1E)
La patente di guida non deve essere né rilasciata né rinnovata al candidato o conducente di questo gruppo colpito da diabete mellito che necessiti di un trattamento con insulina, salvo casi eccezionali debitamente giustificati dal parere di un medico autorizzato e da controlli medici regolari.

MALATTIE NEUROLOGICHE
La patente di guida non deve essere né rilasciata né rinnovata al candidato o conducente colpito da un'affezione neurologica grave, salvo nel caso in cui la domanda sia sostenuta dal parere di un medico autorizzato.
A tal fine, i disturbi neurologici dovuti ad affezioni, ad operazioni del sistema nervoso centrale o periferico, con sintomi motori sensitivi, sensoriali, trofici, che perturbano l'equilibrio e il coordinamento, sono considerati in funzione delle possibilità funzionali e della loro evoluzione. Il rilascio o il rinnovo della patente di guida potrà in tal caso essere subordinato ad esami periodici qualora sussista un rischio di aggravamento.
Le crisi di epilessia e le altre perturbazioni improvvise dello stato di coscienza costituiscono un pericolo grave per la sicurezza stradale allorché sopravvengono al momento della guida di un veicolo a motore.

Gruppo 1 (conducenti di veicoli delle categorie A, A1, A2, AM, B, B1 e BE)
La patente di guida può essere rilasciata o rinnovata previo esame effettuato da un'autorità medica competente e controllo medico regolare. Tale autorità valuta la presenza dell'epilessia o di altri disturbi della coscienza, la sua forma e la sua evoluzione clinica (per esempio, nessuna crisi da due anni), il trattamento seguito e i risultati terapeutici.

Gruppo 2 (conducenti di veicoli delle categorie C, CE, C1, C1E, D, DE, D1 e D1E)
La patente di guida non deve essere né rilasciata né rinnovata al candidato o conducente che presenti o possa presentare crisi di epilessia o altre perturbazioni improvvise dello stato di coscienza.

TURBE PSICHICHE

Gruppo 1 (conducenti di veicoli delle categorie A, A1, A2, AM, B, B1 e BE)
La patente di guida non deve essere né rilasciata né rinnovata al candidato o conducente:
- colpito da turbe psichiche gravi congenite o acquisite in seguito a malattie, traumi o interventi neurochirurgici;
- colpito da ritardo mentale grave;
- colpito da turbe del comportamento gravi della senescenza o da turbe gravi della capacità di giudizio, di
comportamento e di adattamento connessi con la personalità salvo nel caso in cui la domanda sia sostenuta dal parere di un medico autorizzato ed eventualmente sottoposta a
un controllo medico regolare.

Gruppo 2 (conducenti di veicoli delle categorie C, CE, C1, C1E, D, DE, D1 e D1E)
L'autorità medica competente tiene in debito conto i rischi o pericoli addizionali connessi con la guida dei veicoli che rientrano nella definizione di tale gruppo.

La "fregatura"? L'articolo 28 del Dlgs stabilisce che il Decreto stesso entrerà in vigore a partire dal 19 gennaio del 2013. Come se il nostro paese non ci avesse messo già troppo tempo, dal 2006 al 2011, a recepire la Direttiva europea…

Quel diritto allo svago negato

In quel cinema di Torino entra solo un disabile per volta...

Purtroppo è tutt'altro che superata la mentalità secondo cui una persona con disabilità dovrebbe uscire di casa solo per cure, scuola o lavoro. E così può accadere che in una sala superaccessoriata, come l'UCI Cinemas Lingotto di Torino, tre amici in carrozzina non possano entrare, perché lì «viene ammesso solo un disabile per volta». «Non servono troppi commenti», secondo Paolo Osiride Ferrero, presidente della CPD di Torino (Consulta per le Persone in Difficoltà), che ha inviato a quel cinema una lettera indignata, chiedendo «una riflessione seria e conseguenti decisioni in merito»


Quattro amici al cinema - tre dei quali in carrozzina - per vedere uno dei film del momento, ma in quella sala dell'UCI Cinemas Torino Lingotto (ex Pathè) sembra sia "ammesso" solo un disabile per volta. Controproposta: vedere un film diverso in un'altra sala, che può "sopportare" l'ingresso di più carrozzine!...
Lo abbiamo letto sconcertati, il 27 maggio, nella rubrica Specchio dei tempi del quotidiano torinese «La Stampa», dove a rendere nota la vicenda è stata un'amica dei protagonisti della vicenda stessa, concludendo che, «seppur con dispendio di fatica non indifferente, i quattro sono rimontati in macchina, si sono diretti al cinema The Space di Beinasco, dove hanno assistito alla programmazione del film serenamente».

Quella lettera non è sfuggita alla CPD di Torino (Consulta per le Persone in Difficoltà), il cui presidente Paolo Osiride Ferrero ha preso subito carta e penna, rivolgendosi all'UCI Cinemas Torino Lingotto.
«La Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità - esordisce Ferrero -esorta all'articolo 2 ["Definizioni", N.d.R.] ad evitare "qualsivoglia distinzione, esclusione o restrizione sulla base della disabilità che abbia lo scopo o l'effetto di pregiudicare o annullare il riconoscimento, il godimento e l'esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile o in qualsiasi altro campo"».
Ebbene, prosegue il presidente della CPD, «la nostra Consulta è indignata. Le persone con disabilità cercano, con una fatica che a volte uccide la passione, di vivere un quotidiano fatto anche di emozioni, di incontri con gli amici, di svago. Diritti che troppo spesso non vengono contemplati dalle Istituzioni. Per cui dilaga la vetusta mentalità che rinchiude la persona disabile nello stereotipo di colei che vive un ruolo passivo nella società. Di chi esce di casa solo per cure, scuola o lavoro».
«Questa cultura distorta - conclude la lettera - crea situazioni come quella vissuta dai quattro amici in carrozzina che domenica scorsa non volevano scalare una vetta di 3.000 metri! Volevano andare insieme al cinema. Ma ciò, all'UCI Cinemas Lingotto, struttura superaccessoriata, non è possibile. In ogni sala può entrare solo una carrozzina (in alcune, due). In altri cinema i posti riservati alle persone con disabilità sono collocati davanti alla prima fila e nessuno li sceglierebbe! Altri commenti sono superflui. Chiediamo dunque una riflessione seria con conseguenti decisioni in merito».

Fonte Superando

Osservazioni della Redazione

Giusto indignarsi leggendo questa notizia, ma vorrei precisare che la medesima discriminazione nei confronti dei disabili avviene anche nelle multisale di Ancona.

In particolare l’Aniep si è battuta a lungo con la società che gestisce il Giometti, segnalando che i posti riservati alle persone con disabilità collocati solo in prima fila rendono impossibile la visione del film.

Posizionare i posti in prima fila significa di fatto non volere il disabile al cinema.

 

Conoscere e curare l'afasia

L'afasia ha bisogno di un supporto complesso

Disturbo causato da lesioni cerebrali di diversa natura, l'afasia non porta ad alterare l'intelligenza o la capacità di provare sentimenti, ma impedisce di utilizzare normalmente il linguaggio nelle attività comunicative di tutti i giorni. Il sostegno alle persone che ne sono colpite, come viene spiegato dall'AITA (Federazione Associazioni Italiane Afasici), deve venire da medici, neuropsicologi, logopedisti e assistenti sociali, ma anche da familiari, amici, colleghi e volontari.


Le persone con afasia soffrono di disturbi del linguaggio causati da lesioni cerebrali (trombosi, emorragie, traumi cranici, tumori o encefaliti), che non ne alterano l'intelligenza o la capacità di provare sentimenti, ma impediscono loro di utilizzare normalmente il linguaggio nelle attività comunicative di tutti i giorni.
I disturbi afasici assumono forme diverse: in alcune persone, infatti, le parole diventano difficili da trovare, in altre, invece, sono storpiate, mentre in altre ancora sono relativamente semplici da trovare, ma non possono essere messe insieme in frasi grammaticalmente corrette.
E ancora, vi sono persone in cui è compromessa la capacità di parlare e altre in cui è danneggiata la capacità di scrivere; analogamente, in alcuni casi è danneggiata la comprensione delle parole udite, in altri la comprensione delle parole lette.
Oggi di afasia si può guarire - grazie all'intervento medico e al trattamento rieducativo - e tuttavia, in molti casi, il disturbo del linguaggio è permanente, portando letteralmente la persona a "scomparire", rimanendo isolata nella sua sofferenza e spesso rinunciando di fatto ai propri diritti.

Per dare voce a queste persone e per diffondere la migliore informazione possibile, nel 1994 si costituì in Italia l'AITA (Associazione Italiana Afasici), ricostituitasi nel 2005 con lo stesso acronimo, ma come Federazione Associazioni Italiane Afasici, il cui lavoro è particolarmente importante, anche perché i problemi dell'afasia sono tuttora poco conosciuti, pur interessando molte persone. Si stima infatti che in questo momento nel nostro Paese vi siano circa 150.000 afasici e che si verifichino circa 20.000 nuovi casi all'anno.
«La persona afasica - spiegano i responsabili dell'AITA - ha bisogno di un supporto complesso, che non è solo medico, e che deve venire da coloro che hanno con lui un rapporto professionale (medici, neuropsicologi, logopedisti, assistenti sociali), dalle persone che fanno parte del suo ambiente (familiari, amici, colleghi) o che vi si dedicano per spirito di servizio (volontari). I primi hanno il compito di prestare le cure migliori e più aggiornate, mentre gli altri debbono garantire l'aiuto necessario nella vita di tutti i giorni. Lo scambio continuo di informazioni fra tutti coloro che, a vario titolo, sono coinvolti nell'assistenza alla persona afasica è certamente fondamentale

Subcategories

Voglio Diventare Socio

Chi è online

We have 14 guests and no members online